I ragazzi albanesi in italia: l’integrazione non è un loro obiettivo

I ragazzi albanesi sono la maggioranza dei stranieri non accompagnati presenti ad oggi nel nostro paese. Pur essendo nostri vicini di casa, i rapporti con loro sono spesso difficili per differenze culturali profonde.

“I ragazzi albanesi non sono mai ragazzi soli. Oltre alla famiglia in Albania, hanno spesso un parente stretto in Italia. È difficile gestire queste relazioni.” | Silvia, tutrice di un ragazzo albanese.

“C’è una forte distanza tra la nostra educazione e i loro principi. Certi aspetti sono positivi perché hanno il rispetto delle persone adulte, ma dall’altra parte c’è il culto della violenza e dei soldi. Lui mi racconta che se un membro della famiglia viene ucciso è legittimo uccidere per vendetta. Sembra che la soluzione di tutto stia sempre nella violenza.” | Sara, tutrice di un ragazzo albanese.

“Io mi chiedo cosa posso fare come tutore. Cosa posso far conoscere della cultura italiana? Come posso aiutarli a integrarsi sul territorio? L’impressione è che a loro non interessi minimamente l’integrazione.” | Rossella, tutrice di due ragazzi albanesi.

“In pochi mesi ha dato l’esame di terza media e ha imparato l’italiano e ora si è iscritto a una scuola professionale. Quando ci sono stati gli esami si è fatto aiutare, però il rapporto con lui non è facile. Ha un carattere molto chiuso che pare essere comune a molti ragazzi albanesi.” | Federica, tutrice di un ragazzo albanese.


Per approfondire le relazioni con i ragazzi e per conoscere di più sul loro mondo, il Coordinamento Tutori Volontari MSNA di Milano ha invitato Dava Gjoka, mediatrice sociale ed ex presidente di Associazione Città Mondo, associazione che raggruppa le comunità migranti a Milano, a un incontro aperto con i tutori.

Quando è arrivata in Italia e come è cominciato il suo lavoro?

Dava Gjoka: “La mia prima esperienza di mediazione è stata nel 1994. Gli albanesi che allora arrivavano in Italia si trovavano in un contesto completamente sconosciuto. Non avevano punti di riferimento, non avevano norme culturali e di comportamento. Le uniche norme che conoscevano erano quelle del proprio paese, dunque si comportano nello stesso modo anche in Italia. Ora come allora le cose non sono molto cambiate.”

Perché i ragazzi emigrano dall’Albania?

D.G.: “La situazione in Albania oggi è difficile. Nelle zone rurali non c’è lavoro e una delle strade per uscire dalla miseria è quella dell’emigrazione. Manca una legge che dia la possibilità di uscire dall’Albania per motivi di lavoro con un contratto regolare, e dunque gli albanesi cercano diverse strade per l’espatrio, tra cui quella dei stranieri non accompagnati.”

“I ragazzi che arrivano in Italia hanno in genere 16/17 anni perché è un’età in cui possono già essere autonomi. Vengono accompagnati in Italia dai genitori perché la legge albanese non consente ai minorenni di viaggiare da soli, quindi arrivano generalmente in aereo con uno dei genitori che poi fa ritorno in Albania. Risulta invece sempre più difficile che i ragazzi siano accompagnati da terzi, perché la legge si sta facendo sempre più stringente. L’unico modo per essere accolti in comunità e ottenere un permesso di soggiorno è proprio quella di essere dei minori soli.”

“I ragazzi che partono sono in genere quelli che hanno un riferimento nel nostro paese: un parente o un amico di famiglia. I genitori si sentono maggiormente rassicurati da questa presenza. In questo modo si assicura ai ragazzi l’accoglienza, lo studio e un lavoro. L’integrazione non è un loro obiettivo. Lo sono invece il permesso di soggiorno, lo studio e il lavoro, spesso presso amici o comunque connazionali.”

Ci racconta qualcosa della legge del kanun?

D.G.: “La legge del kanun nasce nel 1400 per fermare le faide tra famiglie rivali. Si fa risalire a Lekë Dukagjini, condottiero cristiano, motivo per il quale attualmente la legge è maggiormente sentita nella zona nord cristiana del’Albania. La legge stabilisce che se una famiglia uccide un membro di un’altra famiglia si debba riunire una commissione di saggi, con membri provenienti da entrambe le famiglie coinvolte, per discutere e trovare un accordo. La commissione analizza i motivi per cui è avvenuto l’omicidio, le condizioni e cerca innanzitutto una pacificazione. In genere tutto si risolveva con il pagamento di una somma in denaro o in merce. Nella peggiore delle ipotesi finiva con l’uccisione di un membro della famiglia che aveva commesso l’omicidio, ma questo siglava la fine della faida che non continuava con ulteriori omicidi.”

“La legge è stata istituita proprio per fermare le faide tra le famiglie. E la cosa ha funzionato per anni. Il kanun ha guidato la vita sociale ed economica del paese perché non esistendo un governo e una legge riconosciuta, il kanun è stata per anni una vera e propria costituzione.”

“Nel 1945 con l’arrivo del comunismo, vengono abolite le consuetudini legate al kanun che rimane congelato nel tempo. Nel 1992 quando crolla il comunismo la popolazione rimane senza un punto di riferimento. L’anarchia era totale e riemerge il kanun, ma deformato totalmente nei suoi principi con conseguenze sociali disastrose. Oggi alcune famiglie seguono ancora il kanun, ma non nella sua accezione originale, bensì con la degenerazione di molte norme morali.”

“Il kanun rimane comunque un punto di riferimento per gli albanesi non integrati nel nostro paese, che applicano le regole del loro paese di origine. Ad esempio in una grossa comunità albanese alla periferia di Milano alcuni ragazzi avevano litigato per motivi di affari e invece di rivolgersi alle istituzioni, pur vivendo in Italia da molti anni, hanno costituito una commissione di saggi per decidere come avrebbe dovuto essere risolta la situazione. Questo accade sia per la scarsa conoscenza delle leggi locali che per la mancanza di fiducia nelle istituzioni italiane.”

“Alla base della violenza di certi ragazzi non c’è solo il kanun. Anche la povertà produce violenza. Le situazioni in cui questi ragazzi hanno vissuto possono essere causa dell’inasprirsi di atteggiamenti violenti. Spesso il riferimento al kanun è solo strumentale. Molti ragazzi adolescenti non conoscono la storia e la vera origine del kanun.”

Cosa possiamo fare noi come tutori per favorire il processo di integrazione?

D.G.: “Nel processo verso l’integrazione il lavoro del tutore può essere molto utile, innanzitutto perché i ragazzi hanno un contatto diretto con la cultura italiana, se pur attraverso una sola persona. Il mio primo contatto in Italia è stato con una donna siciliana. Per me lei era la donna italiana. Man mano che conoscevo la lingua e le persone ho scoperto che non esiste il modello di donna italiana, o di donna siciliana, ma esistono diverse donne italiane. Quindi il vostro lavoro è una bellissima cosa, ma non dovete illudervi di vedere i risultati a breve. Voi state seminando qualcosa che darà i frutti molto più avanti. Bisogna avere pazienza. Non potete suscitare subito l’interesse anche se vi dicono che sono molto interessati a integrarsi. È molto bello dare degli elementi della conoscenza dell’Italia perché spesso hanno anche informazioni sbagliate da parenti e amici anche se vivono in Italia da parecchio tempo.”

Esiste un punto di riferimento e di incontro della comunità albanese sul nostro territorio?

D.G.: “Non esiste un punto di incontro o di riferimento della comunità a Milano e provincia perché la comunità albanese è la più integrata nella società italiana, lo dicono i dossier sulle migrazioni. Ci sono delle associazioni culturali che si riuniscono, ma non esiste un punto specifico a cui far riferimento.”

Perché gli adolescenti albanesi sembrano spesso conflittuali nei confronti di altri ragazzi migranti, specialmente nei confronti degli africani?

D.G.: “I ragazzi albanesi si sentono più forti perché pensano di essere la comunità preferita dagli italiani, perché sono razza bianca, perché sono vicini geograficamente e perché tra Albania e Italia c’è un legame storico.”

Avendo dei parenti in Italia perché non vengono fatte le indagini familiari e assegnati i ragazzi alla famiglia?

D.G.: “Non è possibile costringere i familiari a farsi carico dei ragazzi. Spesso non esistono le condizioni economiche. Dipende dai casi. L’assegnazione avviene solo se la famiglia o altri parenti sono in grado di provvedere al mantenimento del ragazzo .”

Com’è la condizione femminile della donna in Albania?

D.G.: “In Albania c’è molto rispetto per le donne soprattutto per le donne adulte. La donna ha potere decisionale nella vita familiare, nella vita s

Data di pubblicazione: 14 July 2022

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